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giovedì 17 marzo 2011

Discorso di Gianfranco Fini nella celebrazione dei 150 Anni dell'Unità d'Italia

di Gianfranco Fini

Il 17 marzo di centocinquant’anni fa si compì il processo di unificazione nazionale e l’Italia e gli Italiani entrarono a far parte della Comunità delle Nazioni. Si affermarono le speranze di un popolo che si riconosceva negli ideali di indipendenza e di libertà dell’epopea risorgimentale. Sebbene, rispetto ad altre Nazioni, il nostro Paese fosse arrivato più tardi a costituirsi come Stato unitario, l’idea dell’Italia come entità non solo geografica era viva e diffusa, perché affondava le sue radici nel ricchissimo patrimonio storico, artistico e letterario accumulato nei secoli dal genio della gens italica: un patrimonio per il quale, ancora oggi, l’Italia è universalmente conosciuta. L’Italia unita e libera non fu, quindi, soltanto il risultato dell’azione politico-militare della monarchia sabauda;  fu anche il frutto  di un ampio movimento ideale e politico animato da quell’amor di patria che mai si era completamente spento e che, agli inizi dell’Ottocento, accese le speranze dei giovani di ogni ceto sociale. Il  Risorgimento non fu soltanto un fenomeno culturale ed ideale espressione della borghesia più illuminata, sostanzialmente estraneo al sentimento popolare.
 Il Risorgimento fu la prima esperienza, per citare un’efficace espressione di Federico Chabod, “di un vivere civile degli italiani, finalmente sottratti a governi e a istituzioni, quelle dell’ancien regime, fondati sulle separazioni giuridiche e sociali e sulla continua negazione dei diritti dei cittadini”. È da queste premesse ideali che ha tratto origine il lungo e tormentato processo di sviluppo democratico delle nostre Istituzioni, consacrato con l’approvazione della Costituzione della Repubblica. Ed è questa la ragione per la quale celebrare solennemente il 150° dell’Unità, vivere il 17 marzo come Festa nazionale, è oggi un preciso dovere civile per tutti gli italiani, dalla vetta d’Italia a Lampedusa. Dovere civile perché la nostra democrazia ha radici profonde, perché la nostra coesione nazionale si nutre ancora dei valori che guidarono l’azione dei patrioti risorgimentali. In questi 150 anni, l’idea di Patria si è affermata nella coscienza degli italiani come democratica e solidale. È l’ideale mazziniano della tutela e della promozione della dignità e della libertà della persona, nella dimensione nazionale e nella prospettiva della pace e della cooperazione tra i popoli. Testimoni valorosi e simbolo dell’Italia generosa sono oggi le donne e gli uomini, militari e civili, impegnati all’estero in difficili missioni di pace.           Ad essi giunga da questa Assemblea un messaggio alto e forte di gratitudine e di fiducia. E’ legittimo motivo di orgoglio per tutto il nostro popolo il fatto che la bandiera Tricolore, la nostra bandiera, rappresenti un simbolo di speranza e di riscatto civile in tante parti del mondo dove si soffre a causa del terrorismo e del fondamentalismo. Un momento altamente simbolico del sentirsi tutti italiani,  del fraterno ritrovarsi uniti nel dolore e nell’identità nazionale, furono di certo i giorni seguenti la tragedia di Nassiriya. Il pensiero corre spontaneo all’immagine struggente dell’imponente scalinata dell’Altare della Patria, ricoperta per intero dai fiori lasciati da migliaia di italiani sfilati, in muto e spontaneo pellegrinaggio, davanti al Milite Ignoto. In quel doloroso 12 novembre 2003, il Presidente Carlo Azeglio  Ciampi espresse il sentimento della Nazione intera con queste semplici e nobili parole: “Costruire la pace, questa è l’identità della Repubblica italiana”. Lo stretto legame tra l’affermazione dell’odierna identità nazionale italiana e la promozione dei diritti dell’uomo ci riporta alle istanze democratiche già presenti nel movimento risorgimentale. La Patria si prefigurava, già alla metà del XIX secolo,  come ideale di emancipazione sociale e civile. "La Patria di tutti e la Patria per tutti", diceva Giuseppe Mazzini, intendendo come doveroso, per l’Italia, l’impegno per la promozione del lavoro e della democrazia presso gli strati piu' poveri della società, e per la crescita morale e civile dell’intera comunità nazionale. Già. "La Patria di tutti e la Patria per tutti": l’attualità di questa aspirazione ideale deve farci riflettere su cosa significhi essere italiani oggi; oggi che la Patria, per i nuovi italiani giunti da Paesi lontani, non significa la terra dei Padri, ma una comunità che si sente come propria e nella quale si vive nel pieno rispetto delle leggi per realizzare le proprie aspirazioni. Oggi "La  Patria di tutti e la Patria per tutti" deve essere la Patria dei giovani, che hanno diritto a reali e diffuse opportunità di lavoro, di espressione dei loro talenti, di crescita sociale. "La Patria di tutti e la Patria per tutti" deve essere la Patria del sapere, della scienza e della cultura che valorizza l’enorme giacimento di creatività e di conoscenza presente nel nostro Dna nazionale e che arresta la triste fuga di cervelli degli ultimi anni. È, del resto, con la forza della sua cultura e del suo solido patrimonio morale e ideale che oggi l’Italia partecipa, con convinzione, alla costruzione della Patria sovranazionale europea, la grande meta civile e politica dei prossimi decenni, indispensabile per continuare a realizzare, nella dinamica globale del XXI secolo, i valori di libertà e democrazia. È un impegno doveroso per garantire il prestigio della Repubblica e per rinsaldare la nostra comunità nazionale, facendo prevalere le ragioni del nostro essere italiani, del nostro stare insieme su ogni strisciante egoismo di parte, geografico o sociale che sia. Un impegno da ribadire con solennità oggi, 17 marzo, e da onorare ogni giorno negli anni a venire.
Discorso dell’on. Presidente della Camera dei deputati in occasione della Cerimonia sui 150 anni dell’Unità d’Italia

sabato 5 marzo 2011

E’ possibile il rilancio economico in Provincia di Sassari ?

Ogni giorno il quadro nazionale viene scombussolato dalla politica estera, dal tema della giustizia del Premier e dai reciprochi affronti e polemiche fra gli schieramenti politici, nessuno escluso. Non è scontato e banale dire ormai che siamo la Nazione zimbello dell’Europa, se non del mondo. Siamo anche quella Italia, quella Patria che nonostante tutto è lenta nel rilanciarsi, nell’andare a ritmi più o meno equilibrati verso una ripresa economica e occupazionale discreta. Succede il contrario in America – dove, dati alla mano – il Dipartimento del Lavoro ha comunicato che il tasso di disoccupazione è sceso nel mese di febbraio dello 0,1%, cogliendo di sorpresa gli economisti che invece si aspettavano un incremento fino al 9,1%. In Germania accade uguale: il tasso di disoccupazione è sceso dal 7,4% al 7,3%, il che vuol dire, 33mila disoccupati in meno. In Italia la situazione è ben diversa: per il terzo mese consecutivo rimane ancorato all‘8,6%, con un tasso di disoccupazione che cresce dello 0,2% su base annua.Quello che più fa rabbrividire è però l’aumento consistente della disoccupazione giovanile che si attesta al 29%, dieci punti percentuali in più rispetto alla media europea. Da questi dati si evince che il Governo non ha saputo o meglio non si è presa l’onere di adottare misure per delle efficaci politiche giovanili, ne tantomeno il Ministro della Gioventù ha dimostrato capacità politiche nell’affrontare tale situazione. Questa situazione che è venuta a crearsi, questa difficoltà di creare nuovi posti di lavoro nonostante la crisi, è accentuata in quei paesi, in quelle regioni, dove è già presente una difficoltà a trovare sbocchi per il lavoro, a consentire che giovani imprenditori o neolaureati possano subito lavorare.
Una delle regioni che ha, (aimè) il primato, è la Sardegna. Essa guida la classifica con un 13% assieme alla Sicilia, che si mantiene su percentuali del 13,9%. Per non parlare della disoccupazione giovanile che si attesta al 44,7%. Se si scende ancora di scala e si affronta il problema della disoccupazione, la provincia di Sassari assieme ad Agrigento e Palermo guida con oltre il 17%, rilevando quindi circa 22mila disoccupati nel territorio del nord-ovest della Sardegna. Comprendiamo i problemi gestionali ed economici della crisi, la quale sta avendo ancora conseguenze sul nostro territorio, ma non campiamo altresì l’immobilismo della giunta provinciale, non capiamo – o forse si – perchè non ha saputo definire una strategia a medio termine su questioni cruciali per il nostro territorio, in primis l’occupazione, lo sviluppo economico e il rilancio della manifattura, tesoro che i sardi devono custodire e rilanciare. Non comprendiamo la cecità con la quale la giunta non ha saputo analizzare e confrontare i dati a sua disposizione per poi trasformarli in politiche socio-economiche. Il movimento giovanile di Futuro e Libertà crede per esempio che sia opportuno stabilire una road map sulle priorità della provincia di Sassari in tema di servizi e sviluppo: una priorità dovrebbe essere a nostro parere il collegamento Porto Torres – Alghero, con l’allargamento della strada per consentire un miglior flusso turistico da porto industriale e croceristico, a città costiera. Ciò garantirebbe sicuramente un importante miglioramento in termini occupazionali, ma anche in termini di servizi che non solo nella provincia, ma in tutta l’isola sono praticamente inesistenti. Un’altra priorità che secondo Generazione Futuro è fondamentale è il rilancio dell’artigianato, del manunfatto, consentendo a chi non ha più voglia o non vuole studiare di aver uno sbocco professionale e garantirgli un’occupazione. Consentire quindi alla Sardegna di sviluppare e sfruttare, quelle che sono le sue risorse naturali ed umane. Crediamo che queste e altre proposte, debbano essere le priorità per un nuovo sviluppo del nord ovest della Sardegna, che abbraccia diverse generazioni e che consente ad esse di svilupparsi ma soprattutto di ridare nuovo slancio ad un’economia, quella sarda, in ginocchio da molto tempo.
Generazione Futuro Sardegna sarà presente sul territorio con proposte costruttive per ridare ai giovani sardi la Sardegna e consentire che essi abbiano un futuro, che possano sviluppare le proprie capacità e metterle al servizio della propria Terra, del loro territorio.
Ci auguriamo che la giunta possa accorgersi che il tempo sta scadendo e che occorre stabilire una strategia politica in questo momento, non solamente quando scocca l’ora delle elezioni.
Dubitiamo

martedì 1 marzo 2011

Cessazione Attività FFwebmagazine

Cari amici del web, da oggi Farefuturo Web Magazine cessa le sue pubblicazioni. La società editrice ha dovuto prendere atto della assoluta impossibilità a continuare l’attività giornalistica per l’insufficienza delle risorse a sua disposizione. Quando cominciammo, nel gennaio 2009, ci eravamo proposti l’obiettivo dell’autonomia finanziaria entro un anno. Purtroppo, così non è avvenuto. Gli introiti pubblicitari si sono progressivamente ridotti, rendendo oltremodo problematica la copertura dei costi redazionali e di gestione del sito. Da qui la decisione, difficile e dolorosa, di sospendere l’attività. Questi due anni di continuo dialogo con i lettori, soprattutto giovani, hanno rappresentato un’esperienza entusiasmante, che ha segnato una fase della vita della nostra Fondazione e che ha profondamente inciso sul dibattito pubblico.  In questo momento, un particolare grazie va alla redazione, ai giovani collaboratori e soprattutto a tutti voi lettori.  Farefuturo prosegue la sua attività con gli strumenti classici di una fondazione di cultura politica: seminari, corsi di formazione, convegni e pubblicazioni, di cui potrete trovare notizia sul sito www.farefuturofondazione.it