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giovedì 28 luglio 2011

NO al decentramento dei Ministeri al Nord


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d’iniziativa dei deputati
BRIGUGLIO,  MURO, DELLA VEDOVA, BOCCHINO,
BARBARO, BUONFIGLIO, BUONGIORNO, CONSOLO, CONTE, DIBIAGIO, DIVELLA, GRANATA, LAMORTE, LOPRESTI, MENIA, MORONI, NAPOLI, PAGLIA, PATARINO, PERINA, PROIETTI COSIMI, RAISI, RUBEN, TOTO, TREMAGLIA.
Modifiche all’art. 114 della Costituzione, per l’individuazione della sede degli organi costituzionali dello Stato.
Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge costituzionale vuole raccogliere l’invito e le preoccupazioni espresse dal Capo dello Stato nella lettera indirizzata al Presidente del Consiglio con la quale esprime “rilievi e motivi di preoccupazione sul tema, oggetto di ampio dibattito, del decentramento delle sedi dei Ministeri”.
Il Capo dello Stato si è sentito in dovere di intervenire essendosi celebrata nei giorni scorsi, alla presenza di alcuni Ministri della Repubblica, l’inaugurazione presso la Villa Reale di Monza delle sedi distaccate di quattro Ministeri
Nella lettera si spiega che una cosa «è il decentramento»,  altro sono iniziative come quella avviata dai quattro Ministri, in
grado di innescare un conflitto normativo con l’articolo 5 della Costituzione e con il titolo V che parla di Roma Capitale.
Il Capo dello Stato fa anche riferimento alle annunciate iniziative di altri ministri che intendono seguire le orme dei colleghi aprendo altre sedi al Sud. Un’iniziativa che ha obbligato il Quirinale a formalizzare quanto già detto dal Presidente il 17 marzo a Montecitorio e il 17 giugno a Verona quando aveva spiegato ad un gruppo di ragazzi che «c’è un solo articolo della Costituzione, l’articolo 5, che mette insieme questi due valori (unità nazionale e autonomia territoriale ). Dice – continua Napolitano – che la Repubblica è una e indivisibile, e dice anche che riconosce e promuove le autonomie. A noi tocca comporre l’Unità con la diversità».
Considerato che la legge n. 42/09, all’articolo 24, stabilisce un primo ordinamento transitorio per Roma Capitale, ai sensi dell’art. 114, terzo comma della Costituzione, specificando, al comma 2, che l’ordinamento concesso alla città di Roma Capitale è diretto “a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali”.
E’ noto che tra “gli organi costituzionali” rientra anche il Governo composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri (art. 92 Cost.). Pertanto, l’espressione utilizzata dalla Costituzione “Roma è la Capitale della Repubblica” indica chiaramente che Roma è capitale in quanto sede degli organi
costituzionali e di rilievo costituzionale; è quindi Capitale in quanto in essa hanno sede gli organi costituzionali; pertanto ne consegue che Roma è “Capitale della Repubblica” appunto perché gli organi costituzionali dello Stato insistono su quel territorio.
La presente proposta di legge costituzionale, colmando la carenza di un’ esplicita individuazione della sede degli organi costituzionali (il Parlamento, il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, il Governo e i Ministri)  vuole evitare equivoci in tema di decentramento delle relative sedi.
Partendo da questi presupposti, l’articolo 1 della proposta di legge interviene nel testo della Costituzione per inserire all’art.114  l’esplicitazione di Roma come sede del Governo e deiMinistri.
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Modifiche all’articolo 114 della Costituzionale).1. Al terzo comma dell’art. 114 della Costituzione, dopo le parole “Roma è la capitale della Repubblica” sono aggiunte le seguenti: “, sede del Parlamento, del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, del Governo e dei Ministri”.

Commissione parlamentare d'inchiesta sulle nomine in Enti Pubblici

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE
D’iniziativa dei deputati
LO PRESTI, BOCCHINO, DELLA VEDOVA, MENIA, CONTE, CONSOLO
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle nomine in enti e società pubbliche controllate e partecipate dallo Stato
Presentata il 25 luglio 2011
***
Onorevoli Colleghi! A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, il nostro Paese ha avviato un profondo processo di riforma strutturale dell’amministrazione nazionale, finalizzato a recuperare l’efficienza e l’economicità dell’azione pubblica. Questo percorso si è basato sulla distinzione tra funzioni politiche, funzioni amministrative e di gestione, sull’introduzione di strumenti e tecniche di regolazione privatistiche, sulla diffusione del modello societario nell’organizzazione pubblica, sul rafforzamento dei poteri e delle responsabilità della dirigenza di Stato. Così facendo, l’Italia ha cercato di recepire le migliori pratiche regolatorie provenienti dal contesto internazionale, diffusesi solo l’ombrello del c.d. New Public Management.
Per dare corpo a queste strategie e tecniche di governo della cosa pubblica, sono fattori cruciali la competenza professionale, l’indipendenza gestionale e il merito individuale di quanti ricoprano incarichi di vertice nell’amministrazione, negli enti e nelle grandi società pubbliche. La selezione dei grandi manager di Stato, dunque, non può più essere affidata alla negoziazione politica e tantomeno a procedure opache di affiliazione o cooptazione interna; le scelte devono essere ed apparire trasparenti, competitive, adeguate.
Il costume politico, tuttavia, non si è dimostrato all’altezza di queste aspettative. Le legislature del maggioritario, al contrario, hanno evidenziato il rapido riemergere della passion des places delle mutevoli maggioranze parlamentari, che hanno applicato un “sistema delle spoglie” all’italiana, rendendo le nomine amministrative una variabile dipendente dal colore politico degli Esecutivi in carica.
Simili fenomeni di malcostume amministrativo non hanno una rilevanza solo politica. Essi creano delle “zone grigie” nelle istituzioni, in grado di favorire, anche indirettamente, la commissione veri e propri illeciti. Ne è prova la recente cronaca giudiziaria, che evidenzia un pericoloso intreccio tra due distinti fenomeni di immoralità pubblica: da un lato, le prassi clientelari, di spartizione e lottizzazione delle nomine negli enti e nelle società di Stato; dall’altro lato, la costituzione di fondi neri da destinare a politici e manager, per orientare gare d’appalto, concessioni, sussidi, licenze. La gestione delle nomine, in questo contesto, può diventare parte di un più ampio accordo di malaffare, oppure essere oggetto diretto di scambio corruttelare.
Questi episodi non si giustificano solo con la scarsa moralità dei singoli; essi hanno cause più profonde: si generano e proliferano negli interstizi di un sistema amministrativo lacunoso, che ignora gli strumenti di prevenzione ed autocorrezione, che appare gravemente opaco nel suo agire, che si dimostra riluttante a ogni forma di controllo effettivo ed indipendente.
È compito del Parlamento, primo giudice e garante della legalità dell’amministrazione, indagare gli assetti organizzativi del potere pubblico in tutte le sue ramificazioni, la qualità della classe amministrativa, le procedure di selezione e valutazione dei manager. Non si tratta, del resto, di una preoccupazione nuova. Già il Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, istituito nel 1996 dal Presidente della Camera, aveva evidenziato i potenziali rapporti incestuosi tra vertici politici, alta burocrazia e imprese, “quando lo Stato ha larghi poteri di nomina a cariche pubbliche e private”.
Alcune criticità meritano di essere evidenziate. Innanzitutto, l’Italia ha disperso il grande patrimonio di professionalità interna all’amministrazione pubblica (i corpi tecnici, i civil servants per richiamare una terminologia in uso nelle democrazie anglosassoni), ancora forte fino alla metà del secolo scorso. Anche nella scelta di profili manageriali provenienti dall’economia privata, che come mostrano esperienze internazionali possono favorire il trasferimento di competenze e conoscenze nell’apparato pubblico, non prevalgono in genere serie valutazioni di professionalità, quanto logiche di affiliazione politica, a detrimento del vincolo “esclusivo servizio alla Nazione” cui pure le cariche dirigenziali nelle imprese di Stato dovrebbero sottostare.
In secondo luogo, mancano strumenti effettivi di valutazione dei meriti. Questo è vero ex ante, perché non si procede a pubbliche e trasparenti selezioni basate sui curricula degli aspiranti, ma con affidamenti non motivati, senza pubbliche hearings, decisi in sedi lontane dal dibattito pubblico. Ma è vero anche ex post, perché i risultati gestionali conseguiti non sono rilevati secondo standard oggettivi, non sono resi pubblici, non sono utilizzati per decidere le conferme o l’allontanamento degli interessati.
In terzo luogo, la privatizzazione di larghi settori dell’organizzazione amministrativa (compresi enti che svolgono funzioni pubbliche) ha condotto ad un indebolimento dei controlli e delle responsabilità. In particolare, le nomine sfuggono al controllo parlamentare, agli obblighi di trasparenza finanziaria, alla responsabilità erariale della Corte dei conti. Inoltre, dopo la privatizzazione, molte società pubbliche hanno generato una costellazione di enti satellite, con partecipazioni di secondo e terzo livello, spesso solo funzionali all’aumento dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali, degli incarichi dirigenziali.
Il Parlamento, per esercitare pienamente le sue funzioni legislative e di indirizzo politico, necessita, innanzitutto, di acquisire informazioni generali circa la complessità del fenomeno in questione, procedendo ad una completa ricognizione del numero, tipologia e qualità delle società pubbliche, delle procedure di nomina e revoca dei vertici e del loro status giuridico ed economico.
Dopo questa verifica preliminare, si dovranno valutare le prassi e i criteri seguiti per le nomine: accertare la diffusione di accordi clientelari; la presenza di soggetti o interessi non istituzionali che influiscano nelle scelte; il grado di indipendenza operativa e gestionale dei manager di Stato; la trasparenza delle procedure di indirizzo e controllo; la presenza di conflitti di interesse.
Per un verso, la vastità e il rilievo strategico del problema e, per altro verso, la necessità di dotarsi di adeguati poteri istruttori, impongono di dare una piena veste istituzionale a quest’attività di indagine, tramite lo strumento della commissione parlamentare di inchiesta, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione.
Compito della Commissione, all’esito dei suoi lavori, sarà quello di redigere un rapporto che indichi non solo le criticità rilevate, ma, soprattutto i possibili correttivi, di ordine legislativo, regolamentare od organizzativo, in grado di rafforzare la trasparenza delle procedure di nomina e la capacità professionale e l’indipendenza gestionale dei dirigenti delle imprese di Stato.
PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE
Art. 1
(Istituzione della Commissione)
1. Ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, è istituita una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», con il compito di indagare le prassi e le procedure seguite nella XV e nella XVI legislatura, per la nomina dei vertici di enti e società pubbliche, controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, al fine di accertare i criteri adottati e la loro congruità.
2. Laddove rilevi la presenza di prassi che si discostino dal principio del merito individuale degli incaricandi, la Commissione accerterà altresì le eventuali responsabilità individuali e politiche e le pertinenti cause di ordine normativo, amministrativo, organizzativo, funzionale o inerenti le procedure di controllo.
Art. 2.
(Composizione e durata della Commissione)
1. La Commissione è composta da ventuno deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura si provvede alle eventuali sostituzioni in caso di dimissioni o di cessazione del mandato parlamentare o qualora sopraggiungano altre cause di impedimento dei componenti della Commissione.
2. Il presidente della Commissione è nominato dal Presidente della Camera dei deputati tra i componenti della stessa Commissione.
3. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.
4. La Commissione elegge al proprio interno due vicepresidenti e due segretari, secondo le disposizioni dell’articolo 20, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati.
5. La Commissione conclude i propri lavori entro nove mesi dalla data della sua costituzione.
6. La Commissione presenta all’Assemblea della Camera dei deputati una relazione ogniqualvolta vi siano casi di particolare gravità e urgenza che lo rendano necessario. Alla fine dei propri lavori, riferisce circa i risultati della propria attività, e formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull’eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente.
Art. 3
(Compiti della Commissione)
1. La Commissione ha il compito di procedere a completa ricognizione del fenomeno oggetto di indagine, a tale fine accertando:
a)            quanti e quali siano gli enti economici e le società pubbliche, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o sui quali lo Stato abbia, a qualunque titolo, poteri di vigilanza e controllo sul management, anche se tramite partecipazioni di secondo o terzo livello;
b)            per ognuno, quali siano la data di costituzione, il settore di intervento, le funzioni svolte, il fatturato annuo dell’ultimo triennio;
c)            per ognuno, quali siano le procedure di nomina, conferma e rimozione dei vertici, e quali siano i Ministri o le Autorità che propongono o deliberano le nomine;
d)           per ognuno, quali siano le procedure istituzionali o societarie, di indirizzo, rendiconto e controllo dell’attività gestionale svolta;
e)            i curricula, la durata in carica, il numero di conferme e i compensi dei nominati;
f)             le procedure seguite per la valutazione dei risultati gestionali conseguiti, la loro pubblicità, l’incidenza sulle retribuzioni o sul rinnovo o rimozione dall’incarico;
g)            le eventuali procedure per responsabilità, avviate dalla Corte dei conti, dalla magistratura, dal Ministero vigilante, o da qualunque altra Autorità.
2. Svolte queste verifiche preliminari, la Commissione indagherà sull’eventuale presenza di prassi non conformi al principio del merito o non rispettose delle sfere di competenza riconosciute dalla legge, nonché su ogni altro connesso fenomeno di malcostume amministrativo, a tal fine accertando:
a)            la presenza diffusa di pressioni o influenze indebite, esercitate da terzi, sull’Autorità, sull’organo o sull’amministratore competente per legge, regolamento o statuto all’adozione di una nomina;
b)            la presenza diffusa di pressioni o influenze indebite nel conferimento di un incarico, nonché sugli amministratori di enti o società pubbliche per l’adozione di scelte gestionali od operative;
c)            la trasparenza degli atti di indirizzo politico o societario disposti dall’Autorità vigilante o controllante nei confronti dei vertici degli enti o delle società pubbliche; ovvero, all’inverso, la trasmissione di indirizzi per vie brevi o non formali o esterne ai canali e alle procedure di legge;
d)           l’eventuale proliferare di società di secondo o terzo livello senza un’effettiva giustificazione funzionale;
e)            l’eventuale proliferare di incarichi di vertice, dirigenziali o sub-dirigenziali, al di fuori di una stretta giustificazione funzionale;
f)             incongrue differenze retributive o di status giuridico degli amministratori delle società pubbliche;
g)            la presenza di gruppi, di comitati o di intermediari che millantino un credito o esercitino effettivamente un influenza sulle Autorità competenti alle nomine;
h)            il verificarsi di episodi nei quali la nomina di amministratori pubblici sia stata decisa o comunque influenzata da soggetti o interessi non istituzionali;
i)              evidenze di prassi clientelari nelle nomine, laddove basate esclusivamente o essenzialmente su ragioni di affiliazione partitica degli incaricandi, piuttosto che sui meriti e le professionalità degli stessi;
j)              la presenza di anomalie circa l’assunzione di incarichi da parte di amministratori pubblici presso altri enti, società, associazioni professionali in potenziale conflitto di interessi, avvenuta anche prima o dopo la cessazione dell’incarico pubblico.
3. All’esito delle indagini svolte, la Commissione verificherà e acquisirà ogni utile elemento di valutazione circa:
a)            la trasparenza delle attuali procedure di nomina dei vertici in enti e società controllate o partecipate dallo Stato;
b)            la trasparenza delle procedure di indirizzo e controllo su tali enti e società;
c)            l’adeguatezza della disciplina delle incompatibilità e dei conflitti di interesse degli amministratori di enti e società pubbliche;
d)           l’adeguatezza della disciplina relativa alla trasparenza degli interessi finanziari;
e)            l’efficacia delle procedure di informazione e controllo parlamentare;
f)             l’utilità e la possibilità di trasporre nell’ordinamento italiano le migliori pratiche regolatorie diffuse a livello internazionale; e di accogliere le raccomandazioni e le proposte avanzate da enti e organizzazioni internazionali impegnate nelle tecniche di buona amministrazione.
4. Le indagini svolte riguarderanno le nomine disposte durante la XV e la XVI legislatura, a meno che la Commissione non ritenga necessario, per casi o finalità specifici, procedere a raffronto con le prassi seguite in periodi antecedenti.
5. Sulla base delle evidenze raccolte, la Commissione individuerà una serie di misure legislative, regolamentari o amministrative, di natura organizzativa o procedurale, in grado di rimuovere o contrastare i fenomeni di illecito o di malcostume amministrativo nella materia oggetto di indagine. La Commissione, a tal fine, redigerà un rapporto, differenziando le misure proposte secondo che possano produrre i loro effetti nel breve periodo, nel medio periodo o nel lungo periodo.
Art. 4.
(Poteri e limiti della Commissione)
1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale.
2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
3. Sulle richieste di cui al comma 2, l’autorità giudiziaria provvede ai sensi dell’articolo 117 del codice di procedura penale.
4. Qualora l’autorità giudiziaria abbia inviato alla Commissione atti coperti dal segreto, richiedendone il mantenimento, la Commissione dispone la segretazione degli atti.
5. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.
6. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
7. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.
Art. 5.
(Obbligo del segreto)
1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d’ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 4, commi 4 e 7.
2. La diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta coperti dal segreto o dei quali è stata vietata la divulgazione è punita ai sensi delle leggi vigenti.
Art. 6.
(Organizzazione dei lavori della Commissione)
1. L’attività della Commissione è esercitata ai sensi degli articoli 140, 141 e 142 del Regolamento della Camera dei deputati.
2. La Commissione, prima dell’inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento interno a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
3. Le sedute della Commissione sono pubbliche; tuttavia, la Commissione può deliberare, a maggioranza assoluta, di riunirsi in seduta segreta.
4. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, di magistrati ordinari, nonché di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie.
5. Per l’espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati, senza oneri aggiunti.
LO PRESTI – BOCCHINO – DELLA VEDOVA – MENIA – CONTE – CONSOLO

http://www.futuroeliberta.com/2011/07/27/commissione-parlametare-di-inchiesta-sulle-nomine-in-enti-pubblici/ 

mercoledì 27 luglio 2011

Cordoglio Fini per militare ucciso in Afghanistan

Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha inviato al generale Biagio Abrate, Capo di Stato Maggiore della Difesa, il seguente messaggio: "Nell'apprendere la tragica notizia dell'uccisione di un nostro soldato e del ferimento di altri due, avvenuto a seguito di un attacco nel corso di un'operazione congiunta tra militari italiani e forze afgane nella zona a nord ovest della valle di Bala Murghab, esprimo il profondo cordoglio mio personale e di tutta l'Assemblea. L'Italia paga un nuovo grave tributo di sangue alla causa della sicurezza e della libertà. Alle nostre Forze Armate, impegnate con i Paesi alleati a ridare pace e a garantire il processo di sviluppo democratico in Afghanistan, va il corale sostegno di tutte le Istituzioni ed il sentimento di gratitudine del popolo italiano, fiero per la dedizione, lo spirito di sacrificio, la professionalità e la grande umanità dimostrate in ogni circostanza dal nostro contingente. La prego di far pervenire alla famiglia del caduto le più sentite condoglianze e un sincero augurio di pronto ristabilimento ai nostri militari feriti."

domenica 24 luglio 2011

Discorso Congresso FLI Provincia Sassari 23/07/2011

Vorrei innanzitutto rinnovare il saluto al tavolo della Presidenza, all’Onorevole Granata, al Coord. Regionale Ignazio Artizzu e alla Coord. Melania Fadda e tutti i presenti in questo importante Congresso.

Nel luglio di un anno fa io e una persona che non conoscevo, divenuta poi un amico, abbiamo deciso di costituire un circolo dell’allora Generazioneitalia, perché quella che vedevamo non era ne Politica ne tantomeno rappresentanza di un popolo, quello di destra. Siamo partiti dal nulla, portandoci le sedie da casa per fare la riunione, non ci conosceva nessuno e chi ci conosceva ci incoraggiava a continuare in questo progetto appena nato. Siamo stati orgoliosamente incoscienti, incoscienti perché FLI Alghero crede in una Politica, che se ne dica, fatta di cuore, di onore, di passione e dignità di fronte ad un popolo che ha una storia e non della politica degli opportunisti o presunti portatori di gloria pronti ad entrare all’ultima ora.
Da allora è passato un anno, siamo cresciuti, abbiamo stilato un nostro programma per migliorare la città come ad esempio l’agro algherese abbandonato a se stesso, la pianificazione della viabilità urbana ed extra urbana..e faccio subito una proposta: migliorare il collegamento fra Porto Torres, che ha un importante porto croceristico ed Alghero, consentendo anche ai paesi che si collegano a quella rete stradale di trarne beneficio in termini di lavoro, turismo, economia locale, valorizzando i prodotti tipici di questa terra, valorizzando l’ambiente che caratterizza questa Terra, la nostra Terra.
Una città, quella di Alghero, una provincia, quella di Sassari dove la LEGALITA’ non sia solo un optional, ma diventi la bandiera di ogni cittadino per avere una città più vivibile e più rispettosa di se stessa.
Siamo cresciuti, ed  è cresciuta anche la provincia di Sassari, con l’impegno costante della Coordinatrice, con la nascita di nuovi circoli e quindi di nuove idee per questa provincia che soffre ma che al tempo stesso non offre prospettiva, proposte di sviluppo per i giovani, il vero futuro di questo nostro Paese.
Come ha detto ieri il Presidente Fini, nostro Leader di Futuro e Libertà, noi non ci tireremo indietro, continueremo a lavorare su questo progetto difficile ma molto ambizioso, proprio qui sta la nostra sfida...
Continueremo Onorevole Granata, come ha scritto ieri sul suo profilo, con la creazione di quella “corrente delle Isole” capace di dare nuova linfa, nuovo respiro ad una politica arroccata a se stessa, precisando che la carriera della persone, pur essendo appassionanti, sono meno importanti dell’interesse generale.

Chiudo il mio intervento citando una frase di Indro Montanelli, convinto che debba diventare, lo dico da Presidente di Circolo e da membro di GenerazioneFuturo, la nostra stella polare.

"L'unico consiglio che mi sento di dare ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio."

GRAZIE

giovedì 14 luglio 2011

Partirò da Mirabello per rilanciare il progetto FLI in tutta Italia

 «Credevo nel progetto di Fli e continuo a crederci anche adesso. I fatti lentamente ci stanno dando ragione. Non fummo cattivi profeti rispetto a quanto sta succedendo nel centrodestra guidato dal Pdl». Nessun ripensamento, nessuno sguardo all’indietro, nessuna voglia di interrompere la “traversata del deserto”. Gianfranco Fini, intervenendo all’inaugurazione della nuova sede nazionale di Futuro e libertà, è chiaro sugli obiettivi che intende perseguire nei prossimi mesi. La stella polare resta il progetto di un “nuovo centrodestra” distante dal Popolo della libertà targato Berlusconi.
A proposito di Pdl, il leader di Fli fa gli auguri ad Angelino Alfano, nominato segretario. Ma si chiede: «Se parla di partito degli onesti cosa fara' sulle richieste di arresto per due deputati del Pdl che pendono alla Camera? E un ministro della Repubblica accusato di reati gravissimi rimane ministro?», domanda riferendosi al caso di Saverio Romano, il “responsabile” promosso a titolare dell’Agricoltura.
Ma, prosegue Fini, ci sono anche segnali che gettano un barlume di speranza sul nostro “bipolarismo malato e muscolare”: ad esempio, «il senso di responsabilità mostrato dall'opposizione, che non ha presentato una contro-manovra finanziaria». Una pagina, questa, che non deve restare «solo una pagina di studio, che non rimanga solo un'eccezione, ma che, come accade in altri paesi, quando è in ballo l'interesse nazionale diventi la regola». Insomma, da lunedì – chiede il presidente della Camera - non bisogna ricominciare «con la delegittimazione perenne, con la sfida tra Orazi e Curiazi».
C’è anche un accenno alla polemica seguita alle parole di Fabio Granata, deputato di Fli, che non ha chiuso le porte a una possibile convergenza con l’Italia dei valori di Di Pietro. «Il principio della legalità – ha sottolineato Fini - è alla base della democrazia, e' bastato questo per parlare di alleanze. Ma le alleanze politiche si fanno sulla base dei programmi non su principi già previsti dalla Costituzione».
Infine una parola sulle defezioni dal partito (Urso, Ronchi, Scalia e oggi Collino): «Sapevamo che era una traversata nel deserto. Se poi qualcuno dei nostri si è fermato lungo il cammino, e non ce l'ha fatta, dico: non ti curar di loro ma guarda e passa... », ha concluso Fini.